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Una firma che può scaldare tanti cuori tiepidi, per far ascoltare la voce del cuore. Grazie, Cardinale Bagnasco!

Prosegue ancora per pochi giorni la raccolta di adesioni alla proposta di legge di iniziativa popolare ‘Un cuore che batte’.

A beneficio di tanti cattolici ancora titubanti, segnalo questa importante notizia, tratta dal quotidiano Eco di Bergamo in data 19 ottobre, con l’invito ad aderire all’iniziativa, sottoscrivendola negli uffici del proprio Comune o nei banchetti della propria zona ove venga allestita la raccolta delle firme.

L’adesione del Cardinale Bagnasco costituisce un autorevole incoraggiamento che si aggiunge all’appoggio di vari altri vescovi (Vescovo di Mileto, Vescovo di Terni, Vescovo di Sanremo-Ventimiglia, Vescovo di Vibo Valentia) e di innumerevoli altri sacerdoti.

Il clero italiano, pur non brillando di ardore nello spendersi a favore di questa iniziativa (ha le capacità ma non si applica troppo), d’altro canto non ha mai manifestato contrarietà: tutti quelli che si sono espressi l’hanno infatti promossa, caldeggiando i fedeli a firmare. Hanno capito che far vedere una ecografia o ascoltare il battito di un cuore vuol dire non solo dare più informazioni e consapevolezza alla madre che vuole abortire.  Ma anche favorire quel processo, tanto invocato dalla Chiesa nelle questioni morali, che si chiama discernimento: come può questo esplicarsi se si chiudono gli occhi (e si tappano le orecchie) davanti alla realtà?

Preciso che questa proposta nulla toglie alle disposizioni della Legge 194 (senza voler entrare nel merito sulle valutazioni etiche del testo normativo). Semplicemente aggiunge per la donna un diritto che già c’è, riconosciuto dalla Legge 219/2017 in materia di consenso informato: quello di ogni persona destinataria di un qualsiasi trattamento sanitario di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo ai rischi ai quali va incontro e alle possibili alternative (art. 1). La stessa legge 194 peraltro è improntata al riconoscimento che l’aborto è una tragedia da evitare e limitare, non certo un diritto da incentivare. Troppo spesso però l’iter per chi chiede di abortire viene svolto in modo frettoloso, senza rispettare i vincoli e gli inviti previsti nella stessa legge in capo a consultori e strutture socio-sanitarie, per aiutare a superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione di gravidanza.

Ecco allora che una disposizione che aiuti la madre ad avere piena coscienza di quello a cui va incontro rende la sua autonomia decisionale più piena e consapevole. Tra tutti gli esami prescritti durante la gravidanza che negli ultimi anni si sono moltiplicati non saranno certo questi ulteriori, previsti dalla proposta di legge, che potranno essere tacciati di inutilità. Per non parlare di quegli esami finalizzati a soluzioni eugenetiche: dunque, se un esame serve a promuovere la soppressione di una vita nel grembo materno va bene, mentre se può aiutare a salvarla no?

In conclusione, un’ultima considerazione: se per una madre guardare la creatura che porta in grembo o ascoltare il suo cuoricino mettono in crisi le sue convinzioni sulla scelta di abortire, vuol dire che queste persuasioni non sono poi così salde o che la madre non ha considerato l’altra faccia della medaglia. Ma allora, un consenso a questa tragica decisione prestato nel nascondimento di una realtà è davvero pienamente informato?